domenica 17 ottobre 2010

domenica di svago

Ormai sono qui da 2 settimane, e in effetti il tempo vola.
A parte quelle che avevo definito “scomodità oggettive” (che sarebbero la doccia fredda, il materasso modello “amaca” e le pochissime ore di sonno disponibili!) direi che è facile ambientarsi e trovarsi bene qui. In ospedale, vuoi per il ridotto numero di persone, per l’indole espansiva del personale locale, o perche percepiscono che ci ha portato qui il fine di costruire qualcosa con loro, tutti ci fanno sentire come a casa, c’è un clima molto accogliente e ci vuol poco a integrarsi.
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San Lorenzo odora di umido, di fritto, e vagamente di bruciato. In qualunque angolo ci si trovi si è accompagnati dal suono della salsa, o della marimba, rigorosamente a tutto volume.
Non si può girare lo sguardo da nessuna parte senza vedere gruppi di bambini che gironzolano, corrono, giocano, piangono, insomma tutte le cose che fanno i bambini.

Essere sradicati dal proprio contesto quotidiano, e trovarsi catapultati in un posto come questo, fa riflettere su tanti aspetti della propria vita e soprattutto della propria professione, per quanto mi riguarda può far riscoprire tante motivazioni che stanno all’origine della scelta di fare questo lavoro piuttosto che un altro.
Una storia che in questa settimana mi ha particolarmente colpito è quella di M., madre di cinque figli, arrivata in ospedale massacrata di botte dal marito ubriaco, con un aborto in atto.
Non si reggeva in piedi per i lividi, l’anemia, le vertigini, e chissà cosa aveva nel cuore.
Dopo alcuni giorni di ospedalizzazione, e le cure del caso, è stata dimessa. E’ tornata a casa, con il terrore che possa succedere di nuovo, e forse andrà peggio. Con mio grande stupore è stata chiamata una specie di assistente sociale che lavora in ambito di violenza familiare, che ha sentito la sua storia e ha attivato i servizi sociali, cioè uno che ogni tanto andrà a fare un controllo a casa per vedere come va.
Irene mi ha spiegato che è un servizio che sta iniziando a esistere adesso, e che funziona molto poco, questa donna non è per nulla tutelata, non ha modo di cambiare vita, di cacciare il marito, di proteggere i suoi figli. Quello che però mi sembra positivo è che stia iniziando a prendere vita una sorta di coscienza collettiva che almeno “percepisce” che bisogna fare qualcosa, che queste cose non devono succedere. Magari nel giro di qualche generazione si assisterà a un cambiamento nelle dinamiche di relazione uomo-donna, non sono certo cambiamenti che possono avvenire dall’oggi al domani.
Se altre donne prima di noi non avessero lottato perché noi potessimo vivere in questa situazione di normalità, forse saremmo messe male anche noi. Bisogna riconoscere però che la strada è ancora lunga, i fatti di cronaca italiana che leggo in questi giorni mi riportano alla mente questo tema, quanto le donne siano sempre indifese rispetto a chi usa la violenza perché pensa di essere autorizzato a farlo, e non c’è paese “sviluppato” che tenga.

Tornando ad argomenti più leggeri, oggi Irene ha organizzato una gita al mare nel pomeriggio, a cui si sono aggiunti i medici dell’ospedale, le infermiere, la moglie di tizio, i figli di caio, le suore, un prete, e via tutti a mangiare in spiaggia il pesce appena pescato! Devo dire che questi momenti di svago, oltre ad essere un ottimo “carburante” per il personale dell’ospedale, tenendo conto che vivono quasi tutti lontano dalla famiglia e sono alienati dal fatto di non far altro che dormire e lavorare, sono un ottima esperienza anche per noi, perché aiutano a conoscere questo paese anche attraverso i suoi abitanti, e soprattutto perché una mangiata come quella di oggi di fronte al mare è sempre fantastica!

A presto….! Elisa

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