sabato 20 novembre 2010

il mio primo recorrido


Se Maometto non va alla montagna, la montagna va a maometto! Pressappoco questo è il concetto del “recorrido”! Per le comunità che non possono raggiungere l’ospedale (inaccessibilità geografica, costi di trasporto insostenibili) l’ospedale organizza uscite mensili di gruppetti di medico+infermiera (a volte solo infermiera o ausiliaria) per occuparsi di tutte le necessità sanitarie della comunità che viene visitata. Questo serve anche per non perdere nessun dato di quello che succede sul terriorio, visto che in ogni uscita si fa anche un censimento di ogni villaggio, una relazione sulle patologie principali, per poi poter avviare dei progetti indirizzati nel modo corretto.
Per farla breve, siam partiti in 4, io con un ecografo portatile in valigia e l’occorrente per occuparmi della parte ostetrico-ginecologica (e con molti dubbi in testa!...mi consolava il fatto che l'alternativa per queste pazienti era non fare neanche questo controllo..quindi più di tanti danni non potevo fare!) un altro medico che avrebbe fatto la tutto il resto, un’infermiera dell’ospedale che spesso lavora nella comunità in cui saremmo andati, e un’infermiera del vicariato (organismo che gestisce e finanzia questa rete assistenziale, e organizza la raccolta dati e la parte epidemiologica). Già dal primo giorno l’impatto è stato abbastanza strong per me che sono abituata a mille comodità.
La parte assistenziale e la parte avventurosa mi sono piaciute un sacco.
Ho visitato tantissime donne, attirate anche da questa novità dell’ecografia, che speravano di trovare delle risposte ai loro mille malesseri, tante al decimo-dodicesimo figlio, molte che non sapevano dirmi la propria data di nascita ma solo l’età approssimativa. All’inizio mi sono trovata a chiedermi, mezza impanicata, “e mo’ che faccio!?” Tipo con un materasso pulcioso come lettino e due assi di legno da usare come tavolo e nient’altro!… poi pian piano ho tirato fuori le cose che mi servivano e in qualche modo tutto ha iniziato a funzionare. I limiti dell’assistenza sono tantissimi, niente esami, niente strumenti, solo le mani, la vista, e la memoria! Mi chiedevo anche spesso che senso avesse riempirli di farmaci antibiotici-antiparassitari ecc, se tanto le condizioni igieniche li avrebbero fatti reinfettare il giorno dopo.
Eppure è stato bello immergersi in questo mondo fatto di pochi mezzi e pochissime aspettative da parte delle pazienti, per toccare con mano l’importanza del rapporto medico-paziente, riscoprire la bellezza di ascoltare i racconti delle donne, che condividono le piccole e grandi difficoltà di tutti i giorni. Spesso le difficoltà che troviamo sul lavoro, la burocrazia, i ritmi, per quanti mi riguarda, ci fanno un po’ perdere l’entusiasmo per il nostro lavoro, le motivazioni che ci hanno portato a sceglierlo, e pensiamo a come finire il prima possibile, e che nessuno ci rompa le scatole. In un ambulatorio spoglio e con quattro strumenti in croce, ascoltando e dialogando, lontano da tutto, tante cose riaffiorano con forza.
Mi sono poi  resa conto di quanto sia importante conoscere la realtà in cui vivono i pazienti, anche per sapere che consigli dare. A milano non mi sognerei mai di dire “mi raccomando, eviti di lavare i panni stando troppe ore a mollo nel fiume!”
Le storie di vita da raccontare sarebbero troppe, anche questo viene rimandato a milano!!
Come dicevo, la parte “avventurosa” è stata divertente, tipo attraversare il fiume in piedi su una zattera (sembra facile!!) o prendere al volo una specie di camion che trasporta mucchi di persone tenendosi forte per non cadere giù, o visitare le pazienti in un soppalco a cui si accede solo con una scala a pioli!

L’aspetto invece dell’adattamento alle condizioni di vita mi è costato molta fatica. Devo riconoscere che per chi come me è abituato al benessere, certe resistenze sono difficili da superare.
La famiglia che ci ha ospitato ci ha messo a disposizione una stanza in casa loro….spostando le bambine a dormire con loro. Ammirevole….e interessante scoprire la quotidianità di queste famiglie, le piccole abitudini, degli scorci di vita che noi mai vedremmo ...l'uomo che torna a casa a cavallo col machete appeso alla cintura, le donne e le bambine che lavano i panni sedute nel fiume, i bambini mezzi nudi che corrono e nessuno si preoccupa se cadono o si sporcano i piedi.......eppure cenare con non so quante formiche sul tavolo, topi che corrono in cucina, galline che camminano sotto il tavolo, ragnatele….quanta fatica per non avere una crisi isterica! e poi i topi anche in camera! Quando mi han fatto vedere dove lavarmi ho pensato “adesso io mi metto qui, sto qui ferma 5 minuti, faccio sciaf sciaf con l’acqua, così pensano che mi sono lavata, e poi rientro!” poi invece ce l’ho fatta!! Non credo di aver dato a vedere le mie perplessità, anche per non offendere chi mi stava ospitando, ed è stato interessante condividere le condizioni di vita della gente del posto. L'altra scena-panico è stata a tavola "scusate...ma quest'acqua da dove viene?" e i miei compagni di avventura ridendo "tranquilla, viene da un fiume qui vicino che è pulito! e poi è acqua e limone...il limone fa passare la diarrea!"!!!!!!! E bevendo ho pensato "ecco...ci siamo....è così che ci si ammala"! Del resto non c'era altra acqua....ho preferito il rischio delle infezioni(che almeno si possono curare!) alla disidratazione!
Insomma, l’esperienza è stata forte e ha lasciato delle belle sensazioni, molte ancora da riordinare, ho avuto la fortuna di viverla con un equipe molto molto simpatica, con cui è stato bello convivere, e con cui anche nei momenti di sconforto chiacchierare e farsi una risata rendeva tutto più facile, e allentava la mia tensione di fronte a tutti i veicoli di infezione che vedevo tutto intorno a me!!
Vedere le condizioni di vita delle comunità è inoltre un elemento fondamentale per capire come far funzionare l'ospedale di san lorenzo, perchè da dentro la routine dell'ospedale non si percepisce l'importanza di essere il punto di riferimento di tutte queste persone, che non hanno accesso a nient'altro.
Ora che sono tornata a San Lorenzo, la casa di irene mi sembra una reggia, con tutte le comodità di questo mondo, e non oso pensare a quando rivedrò casa mia!
Carico qui un po’ di foto di questi 4 giorni:
Un abbraccio a tutti!
elisa

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