lunedì 25 ottobre 2010

due giorni lungo il fiume onzole

Sabato e Domenica abbiamo avuto la fortuna di accompagnare un padre missionario che avrebbe risalito una parte del Rio Onzole per raggiungere alcune comunità e celebrare la messa, o un momento di preghiera. Irene conosce bene quelle realtà perché per 10 anni ha lavorato proprio in quella zona, prima di impegnarsi nel progetto di San Lorenzo, e ha percorso il fiume più e più volte con l’equipe di salute per creare la rete di assistenza del materno-infantile.
Le ore di navigazione che abbiamo trascorso mi sono servite per pensare a un sacco di cose, forse la barca concilia la riflessione! Pensavo a quanto è variegata e originale l’umanità….qui è normale che un bambino di 5 anni prenda una canoa tutto solo per andare a scuola….o a lavare i panni al fiume…io non ci saprei stare neanche adesso in piedi sulla canoa! Certo, lui non saprà andare in bicicletta, e gli sembrerebbero strane cose che da noi sono assolutamente normali….quante realtà diverse e originali esisteranno in giro per il mondo??!!
Il primo “sbarco” è stato per salutare una famiglia che vive in una specie di fattoria con 8 figli, una femmina e sette maschi. I maschi sono tutti portatori di handicap, facile pensare a qualcosa di ereditario legato al sesso. La madre di questi ragazzi, oltre ad avere una tempra invidiabile, e oltre a occuparsi di 7 figli disabili, è impegnatissima nel tenere corsi per sensibilizzare le donne a combattere la violenza domestica, tiene corsi sui diritti, sulla prevenzione degli abusi, tutte cose che forse a noi appaiono scontate, ma qui sono segno di grande apertura mentale e voglia di impegnarsi per migliorare la propria società, non sono tante le persone sensibili a questi temi.

I vari villaggi che abbiamo visitato (tra l’altro prendendo un sacco di pioggia, in barca!!) sono formati da due etnie differenti, che si rispettano molto tra di loro, ma non si mischiano. Ci sono gli afro, discendenti degli schiavi neri, e sembra di stare effettivamente in africa, se non fosse per la musica latino americana e la lingua spagnola, e poi ci sono i chachi (che si pronuncia ciaci) che hanno i tratti somatici dell’asia, direi che sembrano cambogiani, molto riservati, taciturni, molto più disciplinati e fedeli…sarà anche per questo che non si mischiano! In tutti questi villaggi, il filo conduttore è il fiume, la vita che scorre coi ritmi della natura, e con la presenza del fiume che regola tutto, i bambini raccolgono l’acqua nelle taniche e la riportano a casa, le bambine lavano i vestiti, tutti si lavano nel fiume, si trasportano assi di legno (principale fonte di sostentamento) a mo’ di zattera per venderle in paese, al mattino non è strano vedere qualcuno con lo spazzolino da denti in mano che scende al fiume a lavarsi!
Abbiamo cenato e dormito a San Francisco de Onzole, a 3 ore di barca da dove siamo partiti, villaggio in cui era andata via la corrente verso le 18 (proprio quando serviva!) dormendo in una sorta di zanzariera a forma di parallelepipedo, sopra un materassino appoggiato per terra, così da tenere fuori animali di ogni genere, ed è stata una notte davvero riposante!
L’indomani abbiamo risalito ulteriormente il fiume, peccato fosse molto secco, così che spesso la barca si incagliava sul fondale. Allora il motorista ha preferito prendere in prestito una barca ancora più piccola e stretta, tipo buccia di banana come forma, che non era molto adatta al motore, e mentre andavamo ondeggiava vertiginosamente a destra e a sinistra, sfiorando l’acqua col bordo ogni volta…chi soffre il mal di mare non sarebbe arrivato sano!
Per ovviare al problema della secca, abbiamo anche preso un “puntero”, ovvero un tipo che stava in piedi sulla punta della barca, con non so quale equilibrio, e diceva al motorista dove andare, spingeva la barca col remo, e nei momenti peggiori scendeva in acqua e ci trascinava….ero ovviamente allibita!
Dopo altre 2 ore di fiume, abbiamo raggiunto Colòn, un villaggio afro, dove il padre ha celebrato la messa, e appena finito il rito tutti si sono fatti sotto con irene chiedendo cosa fare per quello che ha male al piede, guarda mio figlio ha la mano così, mia sorella ha la gastrite, mia cugina è incinta, non è che avete dietro qualche medicina? E irene con gentilezza ha dato retta quasi a tutti, e poi ha rimandato il tutto dicendo che a breve arriverà il recorrido con tutti i farmaci! In pratica la chiesa si è trasformata in un ambulatorio improvvisato!
A noi sembrava di aver visto abbastanza, e invece il padre l’indomani sarebbe tornato lì, per addentrarsi nella foresta per 4 ore a cavallo, per raggiungere delle comunità ancora più lontane, che attendevano il suo arrivo.
Quando si dice andare in capo al mondo…..
Come concludere…..questi due giorni sono stati una boccata d’aria fresca, mi sono immersa nell’allegria e nella semplicità di questi ritmi di vita, e forse ho compreso ancora meglio il senso della nostra presenza qui come progetto di gemellaggio, che come ho già detto non è tanto l’ospedale in sé, ma l’opportunità che l’ospedale rappresenta per queste comunità fuori dal mondo e fuori dal tempo.

A presto!





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